Talvolta sentiamo una sensazione interiore di oppressione. Ricordiamo un attimo le Prigioni di Michelangelo, una serie di statue di figure “incatenate” in varie pose, come prigionieri. Lo schiavo che si ridesta è una figura che emerge contorcendosi dal marmo ed è un’espressione di quel tormento ed estasi che Michelangelo descrive così bene nelle sue opere, metafore del processo di liberazione dalle catene interiori.
Michelangelo scrisse in una lettera a messer Benedetto Varchi “io intendo scultura, quella che si fa per forza di levare;…”.
E nelle rime approfondisce questa idea: “Non ha l’ottimo artista alcun concetto ch’un marmo solo in sé non circoscriva col suo soverchio, e solo a quello arriva la man che ubbidisce all’intelletto.” L’immagine, il concetto, già presente nel blocco ci marmo, è ricoperta da un “soperchio” (superfluo) che l’artista deve togliere per liberarla ubbidendo all’intelletto. Lo schiavo ha una straordinaria energia, si contorce in un atto primordiale nel liberarsi dal carcere della pietra grezza. È un risveglio dopo il sonno della prigionia, un aprire gli occhi dopo aver vissuto nell’incoscienza.
Michelangelo parla poi di intelletto, ma non dobbiamo confonderlo con la capacità di gestire processi logici, come normalmente lo intendiamo.
Nel 1990 Meshberger (1), un neurologo americano, ha notato come Dio insieme al gruppo di angeli nella genesi della cappella Sistina formi una rappresentazione fedele del cervello umano. Michelangelo, è noto, aveva un forte interesse per l’anatomia ed era inoltre a conoscenza delle idee neoplatoniche, dove tra l’Uno e l’Anima vi è l’Intelletto.
L’Intelletto è inteso come una espressione dell’Uno, un gradino per l’Anima per raggiungere l’Uno, il mezzo, la guida per passare dalla molteplicità all’unità. Ne discende una interpretazione dell’affresco dove Adamo riceve l’Anima attraverso l’Intelletto, rappresentato allegoricamente dal cervello.
In modo simile e con tutti i necessari distinguo, San Paolo usa la parola Spirito e parla di lasciarsi guidare dallo spirito, così come “la man che ubbidisce all’intelletto” michelangiolesca. San Paolo approfondisce e descrive le caratteristiche che assume chi si è liberato dalle catene “… il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5:22) e comunemente chi è nella pienezza di queste qualità, lo definiamo Santo.
Michelangelo nel scolpire, non ha aggiunto qualche cosa al blocco, ha tolto il superfluo e rendendo visibile ciò che secondo lui era già li. Al contrario di molti altri, Michelangelo era in grado di vedere e di liberare dal marmo l’essenza. In questo è stato maestro, le sue opere sono fonte di ispirazione e bellezza, un po’ una espressione della guida di questo Intelletto.
Noi, come lo schiavo nel marmo, siamo ricoperti da sovrastrutture, ovvero pregiudizi, condizionamenti, desideri, emozioni negative ecc… utili a muoversi nel mondo ma limitanti nella nostra essenza. Chiamiamo genericamente questa sovrastruttura Ego. L’Ego è utilissimo se vogliamo raggiungere un risultato “mondano”, crearci uno spazio umano in questo mondo ma è un ostacolo nel liberare il nostro nucleo centrale. Levando queste sovrastrutture che ci incatenano, quel superfluo con cui ci identifichiamo, ci risvegliamo dal sonno dell’apparenza, dal torpore della materia. Incamminandoci in un percorso di liberazione si sviluppano quelle qualità, quelle emozioni positive appunto come “amore, gioia, pace, pazienza,…”. Se proseguite nella via, più avanti vi chiameranno santi o risvegliati, perché avrete dissolto la nebbia che offusca la mente, dissolto quel sentimento di separazione dagli altri.
La meditazione è un po’ come scolpire, è un processo del togliere, non un cercare di raggiungere qualche cosa al di fuori di noi. Non un aggiungere una nuova sovrastruttura. Quando si distorce la meditazione o la preghiera con l’aggiungere, con l’ottenere, si va incontro all’Ego ed al suo principio di sopravvivenza. Si creano allora sovrastrutture, nascono i desideri e la paura, desideri di potere, di controllo, regole umane e quindi eresie, separazione, odio, gelosia, invidia, ecc…
Invece, come un piccolo scalpello su un blocco, usiamo la meditazione per scalfire la superficie e pezzetto dopo pezzetto, con costanza, liberiamo il nostro essere. Ci sediamo, e lasciamo andare il superfluo, rilassiamo e cerchiamo il risveglio, l’allerta; lasciamo andare, ci rilassiamo, allerta,…lasciamo andare, ci rilassiamo, allerta,… guidati dall’Intelletto.