Fra le miriadi di tecniche utilizzate per entrare in meditazione, l’osservazione del respiro è forse una delle più facili. Per le sui implicazioni profonde, è tra le più insegnate nelle varie tradizioni.

Noi tutti respiriamo, ogni cellula nel nostro corpo respira. Come per il battito cardiaco, viviamo per lo più inconsci del nostro respiro. Solo alla fine di una corsa o durante uno sforzo fisico sentiamo il cuore che pulsa, il nostro respiro affannoso. Siamo molto più consapevoli del respiro del nostro vicino, soprattutto se russa e noi cerchiamo di dormire! Respiriamo ogni 4 – 5 secondi, circa 20.000 al giorno. Perché ci dovrebbe interessare?

In oriente si ritiene che, all’atto della nascita, si verrebbe dotati di un certo numero di respiri. Quando un bambino nasce, la durata della sua vita è predeterminata non dagli anni ma dal numero di respiri assegnati. Man mano che viviamo, consumiamo questo “bonus”. Si narra che il monaco tibetano, giunto alla fine della sua vita, chiede quando è un buon momento per morire e controlla il suo respiro affinché l’ultima esalazione accada proprio in quel momento.

Il respiro è collegato anche al battito cardiaco. C’è una qualche correlazione nel mondo animale tra peso corporeo, numero di battiti totali della vita e numero di respiri. Più l’animale è grande, più lento tende ad essere il suo battito cardiaco e la frequenza del respiratoria, più a lungo la specie vive. La balena ha circa 20 battiti al minuto e vive oltre i 80 anni ma il respiro? è ancora più lento. Ignoriamo il peso dell’animale e la correlazione tra frequenza respiratoria e longevità migliora. La testuggine, che è forse l’animale che ha il battito più lento ed è in grado di stare in apnea per ore, è il più longevo.

Che fare dunque? Cercare di rallentare il battito cardiaco e respirare meno? Detta così assolutamente no! Le cellule poco ossigenate ed irrorate si ammalano e muoiono. Se cerco di rallentare il respiro introducendo in me una tensione emotiva, il battito cardiaco può anche aumentare: alle cellule viene a mancare ossigeno ed il cuore cerca di sopperire.

Ma non è sulla longevità che ci stiamo focalizzando, ma sulla qualità della vita. Parafrasando il film Hitch – Lui si che capisce le donne: “Il numero di respiri che fate in vita vostra è irrilevante. Quello che conta …” è la qualità del vostro respiro (la frase originale diceva “Quello che conta sono i momenti che il respiro ve lo tolgono.”).

Il respiro influisce ed è influenzato da una miriade di fattori, alcuni psicofisici, altri spirituali, anche se questi secondi naturalmente non possono essere presi in considerazione dalla scienza. Il nostro stato emotivo, la calma piuttosto che l’agitazione ad esempio, influiscono naturalmente sulla frequenza e sulla qualità della respirazione: regolare, lenta e profonda piuttosto che irregolare, veloce e superficiale.

In un momento in cui ci sentiamo agitati e nervosi, proviamo a fare 3 respiri lunghi e profondi. Modificano immediatamente il nostro stato psicofisico e ci sentiamo più pronti ad affrontare quello che stiamo facendo. Il respiro influisce su come ci sentiamo. Se lo calmiamo, se diventa profondo, le cellule sono meglio irrorate, il turbinio dei pensieri si quieta e possiamo entrare in uno stato di presenza mentale più facilmente. Possiamo osservare il nostro respiro, ci porta dentro, ci mette in contatto con noi stessi incominciamo a sentirci parte del mondo, superando un po’ quella paura e ed il senso illusorio di separazione ed essere abbandonati, soli, trafitti da un raggio di sole. Ma è anche possibile che incontriamo parti di noi che non vorremmo ascoltare, i nostri blocchi emotivi, i nostri dialoghi interni più profondi. E questi parti, con il giusto aiuto esterno, vanno rese consce ed elaborate.

Durante il giorno, potremmo non avere con noi quella candela, quel cristallo, un luogo dove ritirarsi, ma avremo sempre con noi il nostro respiro. Quando il bambino impara ad alzarsi ha bisogno di un punto di appoggio. Questo punto di appoggio per entrare in un momento di presenza mentale può essere il nostro respiro.

Allora, in quel minuto o più che ci siamo concessi, proviamo questo semplice esercizio per entrare in contatto con noi stessi:

Se affannato, tranquillizziamo per qualche momento il respiro, respiriamo normalmente, rendiamolo più profondo ed efficace. Respiriamo con il naso, focalizzando l’attenzione sulla punta del naso, sulle narici. Lì entra il respiro ed esce naturalmente, senza fatica. Dentro…, fuori…, dentro…, fuori…,  solo questo.
Sono come due porte, all’ingresso delle narici, si aprono in un senso, poi nell’altro.
E non c’è dentro, non c’è fuori.